VIDEODIARIO fotografico del 3 giugno 2006. Vijayawada e Kundapalli – 844

.

le riprese con cui è stato montato l’ultimo video erano chiaramente le ultime della giornata indiana del 3 giugno 2006, e a questo punto entra in gioco oramai, per una recente convenzione, il riepilogo finale: il videodiario dalla lunghezza di un cortometraggio, per chi volesse vederseli o rivederseli come una narrazione continua.

ma una specie di primo videodiario della giornata fu fatto già nel 2006, sul blog di allora, bortolindie, pochi giorni dopo la fine del viaggio, al rientro a Stuttgart, il 12 giugno.

era però soltanto fotografico, anzi fu definito Galleria fotografica, come se le foto fossero state appese sulle pareti per una mostra, ed era pensato come settimo capitolo di un libro immaginario che avrebbe raccolto i miei racconti di quel viaggio.

ora ho montato le foto di quel post in un video, aggiungendoci un commento musicale.

. . .

ma dopo aver citato quel post soltanto fotografico, lo riproduco anche, con le sue foto e i commenti ricevuti allora.

voglio rendere immediatamente visibile, fra breve, la differenza tra il linguaggio della fotografia e quello delle immagini in movimento, che chiamerei cinema, se questo non sembrasse troppo presuntuoso.

le foto selezionano la realtà, la trasfigurano, fissandola negli scatti, in un modo che definirei quasi poetico; il cinema, come la prosa, la lascia scorrere davanti allo sguardo in un modo più vicino all’esperienza reale, ed è il piacere del racconto.

nessuno si meravigli dunque se questo videodiario fotografico sembrerà quasi il resoconto di una giornata diversa, quando, domani si potrà confrontarlo con quello ricavato dalle riprese video, e non soltanto perché alcune foto non sono state ancora mostrate durante i resoconti di alcuni momenti della giornata.

. . . . . . . . .

GALLERIA FOTOGRAFICA DI KONDAPALLE

.

.

.

. . .

GALLERIA FOTOGRAFICA DEL TEMPIO DI KANAKA DURGA A VIJAYAWADA

.

.

.

.

.

.

.

.

.

.

.

.

.

.

. . .

commenti ricevuti allora:

nadia_bi   2006-06-12 @ 23:19:13

e` vero: gli indiani sono di una bellezza disarmante.. sia gli uomini che le donne..

pero` si legge nei loro occhi la loro sofferenza..,

sofferenza legata solo alla poverta` o ad una forma di incomunicabilita` cui li pone la loro religione?

va be’ che e` un tempio quello, un luogo di culto

e loro senz’altro hanno una profondita` e uno spessore diverso dal nostro..

ma credo che anche quando li hai fotografati sono rimasti immobili..

prima durante e dopo..

prova a fotografare uno scugnizzo napoletano!!

la foto nn la trovi dopo

[veramente nn trovi neanche la cam]..

ma questo e` un altro post!!

.

Bortocal   2006-06-12 @ 23:49:05

si`, questo e` proprio il tempio nel quale sono uscito dalla mia crisi personale, con l’aiuto di una benedizione speciale di quel pretaccio barbuto in giallo e dei suoi scioglilingua che mi ha costretto a ripetere.

sto riflettendo su quello che tu leggi negli occhi degli indiani e ho riguardato le foto con i tuoi occhi.

perche` io non sapevo bene, prima, separare le foto da quel contesto di allegria gioiosa da cui la maggior parte di esse e` nata e quindi non ci vedevo quello che hai visto tu e che effettivamente  c’e`.

ora che mi ci fai pensare, la maggior parte di questi soggetti della foto, dopo avere tanto sorriso per chiedermi di fargliela, assumeva al momento dello scatto quella posa interiormente solenne, seria, a volte perfino un po’ rigida, che tu interpreti come tristezza.

io ci vedo qualcosa di diverso:

nel momento in cui l’indiano si fa fotografare compie un gesto che lo separa dalla sua cultura, nella quale l’essere fotografati non e` previsto

(e quindi neppure proibito, come invece nella cultura musulmana).

nello stesso tempo, dalla parte del fotografo c’e` una consapevolezza particolare che io ho riconosciuto proprio durante questo viaggio.

e cioe` che nella fotografia, come nella danza, nel teatro e nel cinema si usa il corpo (proprio o altrui) come strumento di espressione artistica.

questa fa della fotografia un’arte cosi` diversa dalla scrittura:

qui devo estrarre da me stesso e usare la mia mente,

li` uso per esprimermi l’espressione corporea altrui,

e per farlo devo entrare in relazione con la persona che ho davanti,

suscitare in lei quelle reazioni che voglio poi colga chi guardera`  quella foto.

fotografare una persona e` stato in India un rapporto sempre molto intenso, una relazione connotata da quella dimensione dell’erotismo che e` il piacere estetico.

ora gli indiani credo sentissero molto questo flusso di empatia che passava tra noi al momento dello scatto

e per rispondere alla mia richiesta dovevano abbandonarsi, col corpo e con la mente, a quella simpatia che il fotografarli esprimeva.

perche`, se loro ridevano nel chiedermi la foto, io ridevo molto nel concedergliela

(o anche, a volte, capricciosamente negargliela perche` quel particolare soggetto non mi diceva molto).

ecco perche`, secondo me, per reazione, a volte, all’ultimo momento il loro sguardo si velava, si fissava, si chiudeva in se stesso: per frenare quell’abbandono, che tuttavia – se guardi – non e` mai cancellato del tutto.

ecco quindi che questi volti dicono: si`, sono tuo adesso e lascio che tu ti serva di me per raggiungere quello scopo meraviglioso che e` di fissarmi per un momento, togliendomi dal flusso delle cose effimere di questo mondo, per regalarmi all’immortalita` almeno dell’immagine,

pero` sappi che mentre faccio questo, mentre quindi mi distacco dalle mie radici e dalla fede dei miei avi, io pero` a tutto questo credo, in questo mondo resto, il mio viso non potra`  essere del tutto tuo.

sugli scugnizzi napoletani non so: dovresti provare a fotografarne un po’ tu…

(parlo sul serio, sarebbe bello mettere a confronto qualche foto di bambino indiano e di scugnizzo napoletano: una bella idea per una mostra fotografica, per esempio).

grazie degli spunti, comunque: e` quello che serve un confronto cosi`.

.

nadia_bi (Besucher)   2006-06-13 @ 12:48:55

ci penso..

. . .

skizzo-LORIS-   2006-06-12 @ 23:28:24

Bentornato… bortocal….

quasi quasi ti invidio…

belle foto…

un saluto a presto….

.

Bortocal   2006-06-12 @ 23:30:40

come “quasi, quasi”…?

mi aspetto di essere invidiato senza se e senza ma!

(con la fatica che ho fatto, me lo merito anche dopotutto)

bentrovato a te!

. . .

FIRDIS   2006-06-13 @ 17:33:31

mi disse Maitreyee, in una delle nostre conversazioni timide e sconclusionate, ma ormai abbastanza confidenziali, dove io parlavo un inglese comico – “credi che io rida troppo??”

io le risposi di no, che ridere alle mie battute era anzi un complimento, e per me era bello vederla ridere.

Allora mi rispose “Mia madre dice che io rido troppo e che non sta bene ridere troppo”

ecco secondo me cosa si legge in queste espressioni:

una sorta di sorriso contenuto..

contenuto perche` non sta bene, e` sconveniente e maleducato.

Maitreyee pero’ qui non si teneva piu’ non poteva ce l’aveva troppo dentro la voglia di ridere.

.

Bortocal   2006-06-13 @ 19:02:43

carissima Firdis,

e chi e`Maitreye?

ecco una bella curiosita`  che mi hai messo addosso.

cara Firdis, e adesso bisogna che tu entri in questo blog raccontandoci un po’ di piu` chi era Maitreye.

.

FIRDIS   2006-06-13 @ 23:06:41

chi e` Maitreyee?

Ma e` una ragazza indiana!

di Calcutta.

.

Bortocal   2006-06-13 @ 23:31:43

Firdis, tu mi trascuri.

non merito da te maggiore attenzione?

credi di avere soddisfatto tutte le mie curiosita`  su Maitreyee?

prenditi del tempo, ma con calma, ti prego, raccontaci meglio la sua storia.

gia` ce l’hai resa molto simpatica con un solo dettaglio, ora sviluppa qualcosa di lei che ci permetta di pensare che la abbiamo conosciuta anche noi, grazie a te.

ciao.

.

nadia_bi (Besucher)   2006-06-13 @ 23:09:19

ehi firdis.. ma che fine hai fatto?? trova il modo per rientrare..

.

FIRDIS   2006-06-14 @ 09:20:58

mi faccio desiderare un po’.

2 risposte a "VIDEODIARIO fotografico del 3 giugno 2006. Vijayawada e Kundapalli – 844"

  1. Le foto fissano istanti, per cogliere le espressioni più naturali è necessario entrare in contatto con l’altro, che, più si sentirà a suo agio, più e meglio si esprimerà. Sono convintissima di questo. Forse perché anche mamma era fotografa e la osservavo all’opera. Mia figlia più piccola ha intrapreso questo cammino da ragazza, da un paio di anni ha ripreso, la vedo procedere proprio in questo modo.

    Riguardo al sorriso degli indiani che spesso si smorza al momento dello scatto forse è un fatto culturale, la mia è solo un’impressione.

    Ciao.

    "Mi piace"

    1. per le fotografie delle persone è proprio come dici, anche alla luce della tua esperienza familiare; anche quando si mettono in posa (!disastro!) io cerco sempre il modo di rompere la posa fissa, con una smorfia, un piccolo sberleffo, oppure fingo di distrarmi, e poi li colgo di sorpresa.

      quanto alla fissità indiana, ci ho girato attorno parecchio, ma alla fine potrebbe essere soltanto scarsa abitudine ad essere fotografati, per cui per loro era un fatto straordinario. anche per i nostri nonni era così, a pensarci bene, e non erano indiani… 😉

      Piace a 1 persona

Lascia un commento