seconda giornata a Vellore e prima giornata a Tiruvannamalai, Tamil Nadu, India. videodiario 13 agosto 2005 – quando si poteva viaggiare – 426

qui introduco il diario visivo della pienissima giornata divisa tra Vellore e Tiruvannamalai, queste due località che sembrano quasi personificare le due anime dell’India: quella che vorrebbe quasi essere inglese, solenne, legata alla sua tradizione militare, orgogliosa di sé e nazionalista (Youtube ha scelto come immagine di copertina un viso molto azzeccato, per dirla), ma anche pur sempre indulgente e straordinariamente accogliente, e l’altra, quella eterna che sopravvive quasi immutata ad ogni variazione storica ed è la preistoria primigenia, miserabile, atrocemente sofferenre e sporca, ma felice.

ecco allora quella incredibile pluralità di esperienze, accoppiate quasi a forza nell’arco di qualche ora e ancora più in qualche decina di di minuti di video:

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ma devo ancora adempiere alla promessa del post precedente e riferire come andò la notte indigesta infernale successiva, utilizzando sempre la mail a casa della sera dopo:

Marta, Rocco, Sara, Fabia  14, 2005 5:44 PM pensieri di una giornata felice

Ieri sera, come vi sarete accorti se mi state leggendo o come vi accorgerete quando mi leggerete, ho sospeso le trasmissioni praticamente di colpo, perche il pc continuava a impallarsi, il tipo dell”Internet Centre (scovato con tanta fatica in questa cittadina tradizionalista) era anche antipatico e aveva piantato una mezza scena sul fatto che non mi ero tolto i sandali prima di entrare (eh, gia, perche qui ci si toglie le scarpe prima di entrare negli internet cafe, come se fossero dei templi, chissa se vorra dire qualcosa sto fatto). Insomma, mi e mancato il tempo di rifinire completare aggiungere pennellate. Prima di andare avanti lo faccio oggi […] Cosa dovevo dirvi che ho dimenticato? […].

Che sono stato la seconda volta dal barbiere (la prima, non mi ricordo piu se ve lo avevo raccontato e stato la prima sera in Sri Lanka […])

non ne avevo parlato, in effetti, ma qualche ripresa di quel negozio del barbiere la trovate comunque qui:

Ora la barba da vecchio e ricresciuta e via la seconda volta. Il barbiere questa volta era un vecchio molto malmostoso e scayyato che mi tagliato la barba guardando una partita di wrestling su una vecchia tv in bianco e nero, e ogni volta che la folla urlava io tremavo sotto il rasoio. Ma niente danni!

Che se dalla citta scorsa ho abbandonato le posate, nel senso che al ristorante non te le danno piu, da ieri sera ho abbandonato per lo stesso motivo anche i piatti: si mangia sulle foglie di banana. Comunque a proposito di cibo, sono allo stremo. Gastronomicamente l’India e tosta. Stasera ho provato a mettere il ketchup sulle vivande, per vedere se riuscivo a renderle piu dolci, ma ovviamente non e il metodo giusto. Comunque ho trovato un posto stasera dove spacciano gelati al cioccolato, che domattina saranno la mia colazione.

Ieri sera siccome ordinare e sempre uno sparo nel buio, per non dire una roulette russa, dato che se ti portano la “traduzione” in realta e sempre e soltanto una trascrizione dalla loro scrittura al nostro alfabeto, ma non si capisce una mazza, siccome non ero riuscito ad adocchiare negli altri tavoli come faccio di solito e poi sempre alla cieca indico quello li, ho provato con l unica cosa che si capiva: Roast paper, e ho cominciato a sognare arrosti alla carta, dimenticandomi che, per la gioia di Sara se fosse qui, la cucina del Tamil Nadu e rigorosamente vegetariana. E infatti cosa mi portano? Un foglio gigante di pane, sottile come un cartoncino, di almeno un metro di lunghezza per 20 cm di largheyya su due imponenti foglie di banana: faceva un figorone, con le sue sei salsine, una piu feroce dell”altro. Era pane arrostito nell’olio. Io che avevo una fame boia perche a mezzogiorno salto il pranzo, l ho mangiato tutti e poi mi e arrivata anche una frittata di cipolle che non sono riuscito a finire.

Risultato? Una notte indigesta infernale come sentirete.

A mezzogiorno non mangio perche di solito sono sempre in giro in qualche posto lontano da ristoranti e poi perche vorrei perdere qualche chiletto, ma mica ci riesco. Gli indiani, che hanno l’occhio giusto, lo hanno capito subito che sono un uomo grasso, – per loro anzi sono in complesso un uomo grande e grosso […] 

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finalmente sono dunque rientrato dunque nel mio scimmiesco hotel di Tiruvannamalai, ma la citazione della mail è stata già anche fin troppo lunga e non è il caso di insistere. la descrizione del resto della nottata la rinvio al prossimo post.

[…] Ritornato alla mia cella (senza piu incontri di scimmie) l ho scoperta trasformata in un fornellino. Avevo lasciato la finestrina (piccolissima) aperta sul tramonto, e forse per questo o forse perche tutto il giorno si era viaggiato anche su autobus e riscio sempre sul ciglio dell”effetto scirocco, cioe con l’aria piu calda del corpo, il letto scottava e i muri anche.

E inoltre cipolle e pane fritto nell’olio provocavano una sete infernale. Piu bevevo e peggio stavo, ho continuato a rigirarmi soffrendo, tra mille pensieri.

e in quel caldo infernale, dovendo pur pensare a qualcosa per distrarmi, una intuizione illuminante: la mia filosofia sul carattere di mera probabilita e non di esistenza (nel senso platonico e parmenideo) del reale e la teoria buddista, ma anche induista dei cicli di reincarnazione son molto piu vicine di quanto appaia, anzi l’una appare quasi come una variante linguistica dell’altra. Tutte concorrono allo scopo di alleviare la sofferenza del vivere, dicendo che quello che ci capita in questa vita e solo una delle tante possibilita e che in qualche modo esploreremo anche le altre. In questo modo la vita diventa mera rappresentazione. Solo che per motivi, come dire, politicamente comprensibili, Buddha affida al comportamento morale e non al caso la sequenza delle reincarnazioni, cioe fa diendere dal comportamento morale tenuto in una vita la qualita della vita alternativa che ci aspetta.

Mi sono anche chiesto se la mia filosofia potrebbe essere applicata all”india, la risposta e no. Io non so se sia vera o no, come a volte mi sembra questa idea che giudica una arroganza ridicola, figlia del pensiero reazionario greco del V secolo avanti Cristo, quella che pretende di dividere tutto tra si e no, tra essere e non essere e non coglie invece le infinite sfumature intermedie che colorano il mondo, ma tuttavia essa e sconfortante, piu che confortante. Non da molto conforto dire che noi non esistiamo, come crediamo, al massimo ci siamo per un momento prima di sparire nel passato, emergendo dalla nebulosa delle infinite probabilita di volta in volta con una che [non] diventa [probabile] reale per il fatto di entrare nel nostro orizzonte di coscienza. Mah!

Certo e che se ad ognuno che ci chiede sei questo o quello, rispondessimo sempre quanto di questo e quanto di quello, la vita migliorerebbe per la morte degli integralismi.

Ritorno a quel bellissimo dondolare la testa di qui: vuoi che ti risponda si? Potrebbe essere se tu vuoi, ma potrebbe essere anche di no, come faccio a risponderti?

Comunque non sono troppo sicuro di avere ancora capito benissimo questo dondolio, sto approfondendo.[…]

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sarà solo il caso di correggere, come ho fatto, una espressione sbagliata nella improvvisazione frettolosa della mail, per provare a renderla meno incomprensibile.

breve ritratto vintage di Tiruvannamalai, Tamil Nadu, India. 13 agosto 2005 – quando si poteva viaggiare – 425

arrivato a Tiruvannamalai nel pomeriggio del giorno 13, ci rimasi anche il giorno dopo, che però impiegai per una gita a Gingee, detta anche Senji, col giusto tutto indiano per un doppio nome alle città e anche ai piccoli borghi, e ne partii soltanto la mattina del 15 per Cidambaran.

questo per dare una sistemata alla cronologia, che è anche una necessaria premessa al montaggio dei video, ma anche per spiegare come mai il ritratto video di Tiruvannamalai si trova già qui, e non due giorni dopo, anche se si continuerà a parlarne nelle mail e nei post.

qui si trova in immagini l’idea della città che nella mail è sintetizzata in due parole: cittadina tradizionalista. i video naturalmente sono quelli già visti, semplicemente incollati fra oro in sequenza. resterebbe allora da commentare la sequenza, ma lo farò meglio nel post che verrà pubblicato domani.

fuochi d’artificio a un comizio, prima della festa nazionale, a Tiruvannamalai, Tamil Nadu, India. 13 agosto 2005 – quando si poteva viaggiare – 424

la giornata densissima sembra finita, e a riviverla oggi sembra durata una settimana. calata la sera, scrivo un paio di mail, la prima, a casa, è quella che è stata citata viva via, a spizzichi e bocconi, negli ultimi post.

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Fabia, Marta, Rocco, Sara 13 agosto

[…] Se qualcuno ha tempo riesce a procurarmi per la fine della prossima settimana quando passo a Brescia Viaggio verso la cuna del mondo di Gozzano? E il diario del suo viaggio in India.

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la seconda è a Ruwan, il ragazzo che avevo conosciuto a Negombo, prima di imbarcarmi per il volo a Chennai; ne ho parlato qui, alla fine del post:

a Colombo per il visto per l’India, finalmente! e poi ritorno a Negombo. 8 agosto 2005 – quando si poteva viaggiare – 353

a Ruwan

hallo Ruwan, how are You? I hope You are very well. I will came back to Negombo airport the 22 at midnight. Bye

Mauro

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ma la giornata non era finita ancora, come racconto nella mail del giorno dopo… c’era stato ancora qualcosa…

Marta, Rocco, Sara, Fabia  14, 2005 5:44 PM pensieri di una giornata felice

[…] Cosa dovevo dirvi che ho dimenticato? […] Che sono stato a un comizio, credo del partito del congresso: tutte le sedie di plastica nella via principale, sbarrata, luminarie, un circo di notabili tutti seduti sul palco, i fuochi di artificio all’inizio e ala fine, gli oratori che si avvicendavano. Nessun applauso, nessun segno di dissenso. Tutti seduti, silenziosi, composti. Interessante, ma strano.

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che cosa non si fa per avere elettori in piazza: un comizio con i fuochi d’artificio non lo avevo ancora mai visto.

preghiere, guru e santoni nel tempio di Arunachaleswar, Tiruvannamalai, Tamil Nadu, India. 13 agosto 2005 – quando si poteva viaggiare – 423

Fabia, Marta, Rocco, Sara 13 agosto

[…] un tempio […] pieno di fachiri, mendicanti, stregoni, preganti […] Siccome per il resto spendo cosi poco (0,80 la cena) almeno mi concedo le elemosine, ma quando una vecchia a cui avevo deciso di dare 10 rupie nel prenderle mi ha mostrato la mano senza piu le dita mangiate dalla lebbra, io mi sono seduto sul basamento del tempio e vergognandomi e sperando che nessuno mi vedesse, ho lasciato che le lacrime spuntassero dagli occhi e se ne andassero dove volessero, quelle stupide inutili lacrime. […]

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nella parte più interna del tempio, nella luce del tramonto che avanza, eccomi a registrare le litanie e le giaculatorie di un gruppo di fedeli, guidati da un santone infervorato e seduti nel cortile, accanto a un cane che sonnecchia.

sentimenti contraddittorii, sguardo che cerca di restare lucido e di guardare al mondo curioso umano nella varietà delle sue manifestazioni, senza esprimere giudizi.

come faccio anche qui.

la benedizione dell’elefante sacro nel tempio di Arunachaleswar, Tiruvannamalai, Tamil Nadu, India. 13 agosto 2005 – quando si poteva viaggiare – 422

Fabia, Marta, Rocco, Sara 13 agosto

[…] l’elefante che piglia le 5 rupie e ti da la benedizione in testa con la proboscide […]

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perché nei templi indiani più importanti si ospita un elefante sacro?

nei testi sacri indù l’elefante è colui che rimuove gli ostacoli e in questa religione è il simbolo di autorità, saggezza, forza.

non conoscevo questa tradizione, prima di questo mio primo viaggio in India, ma ne avevo già visto uno nel tempio di Vellore, in mattinata, quel 13 agosto 2005; ma era piccolo e sembrava depresso.

questo elefante nel tempio di Arunachaleswar a Tiruvannamalai, che vedo nel pomeriggio, è invece altrettanto imponente del tempio in cui si trova.

inoltre è addestrato a ricevere con la proboscide una piccola offerta dal fedele o dal visitatore, come nel mio caso (l’elefante non fa differenze fra credenti o no) e a ricambiarla con un gesto di benedizione, che consiste in un colpetto dato sempre con la proboscide sulla testa china.

nel video mi faccio riprendere proprio in questo momento.

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e adesso non temo di espormi alle disapprovazioni di un mondo che non è più il mio, dicendo che trovo questo momento non soltanto superficialmente divertente, ma anche intenso emotivamente.

già qualche anno fa, pubblicando alcune riprese dell’anno prima degli elefanti che partecipano alla grande processione del dente di Buddha, a Kandy, nello Sri Lanka, mi trovai coinvolto in accese discussioni con alcuni indignati animalisti.

ma tutto questo sdegno non fa per me: non vedo questa enorme sofferenza negli animali, e anche se ce ne sarà sicuramente un po’, fa parte della quota di sofferenza che dobbiamo considerare accettabile, se non addirittura positiva, nella vita di ogni essere che la riceve, umano oppure no.

questa intollerabile pretesa di cancellare ogni negatività dalla vita sociale dell’umanità, la considero l’estrema fanatica manifestazione di un narcisismo esasperato e di un perfezionismo intollerabile.

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purtroppo non mancano i guasti che questa nuova cultura produce anche in India, ed ecco perché mi fa un po’ paura l’idea di ritornarci e di trovare in via di distruzione la sua cultura.

leggo della grande soddisfazione animalistica perché in un tempio del Kerala l’elefante naturale è stato sostituito da un elefante robot, che compie le stesse azioni guidato da qualche perfetta intelligenza artificiale suppongo.

chi venera la perfezione di un mondo senza dolore sarà presto soddisfatto, immagino, dalla diffusione universale di robot assolutamente insensibili al proprio servizio.

se poi questi diventeranno abbastanza intelligenti nel campo, non si faranno scrupolo di eliminare anche gli esseri umani, in quanto imperfetti perché sottoposti alla sofferenza.

ma per fortuna, queste follie sono alla fine, perché, volenti o nolenti, gli esseri umani stanno per essere riprecipitati dalla crisi climatica in una dolorosissima barbarie e nella lotta per la sopravvivenza.

resta dubbio se i perfezionisti della negazione assoluta del dolore saranno capaci di adeguarsi alla nova realtà, oppure se spariranno per primi.

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ma mi scuso di questa divagazione approssimativa e senile e spero che chi ne è capace, almeno, si goda questa breve scena, senza i rimorsi che io non ho.

forse a breve non sarà più possibile guardarne di simili e anche verrà vietata e bandita come una specie di spettacolo osceno: l’oscenità della vita reale.

l’interno del tempio di Arunachaleswar, Tiruvannamalai, Tamil Nadu, India. 13 agosto 2005 – quando si poteva viaggiare – 421

Fabia, Marta, Rocco, Sara 13 agosto

[…] I cortili si susseguono ai cortili. Piu grande del Vaticano, senza dubbio. E un tempio vivo, vivissimo, […] le scimmie che corrono tra le sculture, le preghiere i profumi gli incensi. […]

A proposito, ribadisco che emozione sia entrare in un tempio di 2.000 anni fa e trovarlo in funzione: e come se entrassimo nelle piramidi e ci trovassimo i faraoni. I riti induisti sono oscuri, fondati sul fuoco e sui profumi, tutto e coperto di fuliggine e di superstizione, comunque fanno effetto. […]

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in realtà il tempio non è così antico, come abbiamo già visto, e del resto la seconda osservazione della mail era riferita al tempio di Vellore, ma ho preferito riportarla qui perché qui c’è qualche ripresa in più sul tema.

ma qui non ho tempo di soffermarmi con le riprese sull’aspetto archeologico-storico e poco perfino su quello architettonico: la violenza delle emozioni di questo spettacolo indimenticabile mi assorbe quasi completamente e mi confonde, così come chi guarderà il video resterà frastornato non solo dal susseguirsi delle immagini, ma dai suoni, che sono rumori, grida, frammenti di dialogo impossibile, musiche originali del luogo.

e poi le scimmie che girano tranquillamente tra i pilastri e le sculture, e un grande uccello verdissimo, che assomiglia ad un pavone, appollaiato in altro tra le statue quasi infinite, proprio sopra un pavone di marmo bianco candidissimo.

l’esterno del tempio di Arunachaleswar, Tiruvannamalai, Tamil Nadu, India. 13 agosto 2005 – quando si poteva viaggiare – 420

non si capisce bene a questo punto se il motivo principale di interesse nel percorso che mi porta al tempio di Arunachaleswar, quel 13 agosto 2005, stia ancora nella ricca vita umana che lo circonda, nelle strade di Tiruvannamalai, oppure nell’imponenza architettonica del tempio, un monumento in grado certamente di rivaleggiare con le più imponenti delle nostre cattedrali cristiane e forse perfino di superarle tutte, almeno per grandiosità.

comunque mi occupo di questa, adesso.

di templi hindu ne ho già visti e mostrati parecchi in questi primi sei giorni nel Tamil Nadu, ma questo supera quelli visitati finora non solo appunto per la potenza della vita religiosa che lo anima, che ora attrae la mia attenzione ancora di più, perché è la prima volta che entro in contatto con lei, ma anche per le dimensioni della struttura, 10 ettari!

ecco come comincio a presentarlo nella solita mail a casa della sera:

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Fabia, Marta, Rocco, Sara 13 agosto

[…] Il paese [di Tiruvannamala] si caratterizza per il tempio (uffa, dico io) uno dei cinque piu importanti dell”India, e vvabbe. E invece! Ragazzi, non provo neppure a descrivervelo. vi dico solo che la torre piu imponente e alta 120 metri, 120 metri finemente scolpiti, ma ce ne sono molto altre piu piccole […]

non importa molto, credo, se l’altezza del gopuram qui indicata è sbagliata e la torre è alta poco più della metà, 66 metri; ha comunque uno slancio potente che la proietta verso il cielo e che emoziona.

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già avvicinarsi soltanto all’ingresso del tempio, significa entrare gradualmente in contatto con la religiosità indiana, perché nelle strade antistanti all’enorme recinto si svolgono i riti della pietà legati a quella fede.

questo luogo sacro è dedicato sempre a Shiva, il centro dei culti nella regione che sto visitando, evidentemente, ma questa volta nella sua incarnazione come Arunachaleswar, divinità del fuoco.

questo è uno dei cinque elementi fondamentali che costituiscono il mondo, secondo la visione tradizionale legata a questa religione, assieme allo spazio, alla terra, all’acqua e all’aria, e questo ci porterebbe facilmente ad un confronto con le prime filosofie della Grecia antica.

ne accenno in una mail a casa di tre giorni dopo:

Marta, Rocco, Sara, Fabia   Aug 16, 2005 4:40 PM sconvolgente

[…] Il tempio di cui vi ho parlato nella mia ultima mail e uno dei 5 principali dell’India, come vi dicevo, ed e dedicato al fuoco, che arde ininterrotto in un piccolo tenebroso braciere all’ingresso. Gli altri 4 sono dedicati rispettivamente all’acqua, alla terra, all’aria e all’infinito.

E non e sorprendente questo legame cosi esplicito e diretto tra la religione indu e le origini della filosofia greca – QUESTA [postazione internet] INVECE NON FA IL PUNTO DI DOMANDA, PAZIENZA. Neppure l’India e totalmente avulsa dalla civilta occidentale, con la quale al tempo di greci e romani aveva pure dei rapporti. […]

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ma il fuoco qui è visto non soltanto nel suo aspetto fisico, ma anche come forza che produce l’illuminazione e la conoscenza.

questo è dunque il tempio del fuoco del sapere, e i bracieri accesi a cui si accostano i fedeli in segno di venerazione hanno questo significato (lo scopro adesso, allora non lo avevo capito…).

il fuoco distrugge dunque il buio dell’ignoranza e del male che ne nasce, e così, ad ogni simbolico plenilunio, che vede il trionfo della luce della luna, i fedeli si radunano qui, per fare il giro a piedi della brulla montagna retrostante.

purtroppo quel 13 agosto la luna aveva raggiunto soltanto il primo quarto.

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il monte è strettamente collegato al tempio (a volte evidenziato nel video, proprio per questo).

fu su questo, infatti che Shiva pronunciò il suo insegnamento più importante: la necessità di superare i limiti dell’Io.

qui, secondo il mito, Brahma e Vishnu lottavano per affermare ciascuno la propria supremazia e a loro apparve Shiva sotto forma di colonna di fuoco, sfidandoli a trovarne l’inizio e la fine.

poiché nessuno dei due ci riuscì, Shiva dimostrò che il vero sapere è sapere di non sapere e che il riconoscimento dei propri limiti porta al superamento dell’affermazione malsana dell’io.

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questa è la profonda saggezza che sembrano avere assimilato i suoi fedeli che qui si inchinano davanti ai bracieri delle fiamme ardenti.

e forse qualcosa di questo insegnamento dovrebbe arrivare fino a noi.

mi viene in mente, non si perché, il Monte delle Beatitudini dove Jeshuu pronunciò i suoi insegnamenti, secondo la mitologia cristiana.

spero di non sembrare blasfemo se dico che, in tutta la loro bellezza e profondità, impallidiscono però di fronte a quelli che hanno formato il cuore e la mente dell’India.

è un confronto tra un cristianesimo fortemente impregnato di spirito terreno e di voglia di rivalsa, che neppure sa riconoscere bene in se stesso, e considera anzi una manifestazione di mitezza, e la mitezza vera dell’India che nasce dalla rinuncia e dall’abbandono.

gente di Tiruvannamalai, Tamil Nadu, India. 13 agosto 2005 – quando si poteva viaggiare – 419

proprio lavorando a questo video mi sono reso conto del valore politico implicito di questi montaggi sul mio viaggio in India di 18 anni fa.

qualcuno dirà che straparlo e, se guardo alla loro circolazione quasi del tutto insignificante, sembrerà che sia vero.

ma io mi riferisco al loro valore soggettivo.

se finora li ho guardati come una innocua mania da compatire un poco, o come un hobby che mi permette di isolarmi dal mondo, oggi vedo il loro significato di protesta contro lo squallore del presente, e anche del presente di allora.

è come un promemoria lanciato sui veri volti del mondo, che sono del tutto nascosti a noi che viviamo nel lusso, peraltro ovattato, delle nostre esistenze precarie.

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mi accorgo peraltro che, quanto più il mio sguardo si inoltra nella povertà dell’India, tanto più vengono meno anche i pochi spettatori di paesaggi meno sofferenti. questo mi fa ricordare dell’entusiasmo col quale parlai dell’India, in quei mesi, per mail, a Tony, un giovane conosciuto sul traghetto da Cesme, Turchia,, di ritorno dal mio viaggio in Siria del 2003, con una tale insistenza e forza di persuasione, che alla fine partì, e ne tornò deluso, se non forse stomacato.

perché dell’India c’è chi si innamora, senza riserve, e chi non la sopporta, o forse non sopporta la vista della sua povertà.

eppure l’India è anche felicemente vitale, o almeno lo era, questa patria universale della miseria, allora, vista prima che la stravolga il suo decollo economico di cui si dice che è in corso.

e la prova definitiva della sua felicità sta nella musica che la attraversa dappertutto, come si sente bene anche da questo video, in cui ho lasciato i rumori originali.

preparativi della festa nazionale a Tiruvannamalai, Tamil Nadu, India. 13 agosto 2005 – quando si poteva viaggiare – 418

le strade di Tiruvannamalai, quel 13 agosto 2005, che è un sabato, appaiono imbandierate: una grande festa è ancora in allestimento e, data la particolare combinazione dei giorni della settimana di quell’anno, durerà fino alla domenica, in preparazione della giornata dell’indipendenza, che cade il 15 agosto, e quindi anche in India, come da noi, è un giorno festivo, lì il più importante dell’anno.

a quanto posso ricordare, di questo non avevo alcuna consapevolezza quel giorno; ne parlo infatti soltanto nella mail a casa di due giorni dopo.

per il momento mi godo la festosità dei preparativi senza chiedermi perché: del resto, tutto mi sembra così nuovo, sorprendente e sconvolgente in quella città, che non ho molto tempo per riprendermi e farmi delle domande razionali.

in ogni caso lascio gli eventuali spettatori alla visione del video, che parla da solo.

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io invece approfitto dell’occasione per appuntarmi qualche informazione su quel momento storico, che fu certamente il trionfo del sogno gandhiano dell’indipendenza, raggiunta senza guerre, ma in realtà fu poi così tragico e scatenò una tale ondata di violenza, che è come se l’India avesse voluto recuperare di colpo, in pochi giorni convulsi, i morti che una vittoria senza guerra le aveva evitato fino a quel momento.

l’indipendenza, promessa dagli inglesi durante la seconda guerra mondiale, venne concessa per il giorno 15 agosto 1947, in effetti, ma l’India britannica era una realtà ben più vasta dell’India di oggi, e l’indipendenza venne data frammentandola.

l’India inglese comprendeva anche Bangla Desh (in origine parte del Pakistan), Sri Lanka, su cui l’Inghilterra mantenne il controllo ancora per un anno, concedendogli l’indipendenza soltanto nel 1948, ma originariamente sotto forma di monarchia di cui era regina Elisabetta II, e Myanmar, a cui l’India riconobbe una propria indipendenza nel gennaio 1947, sotto il governo del generale Aung San, che però venne assassinato, a soli 34 anni, il 19 luglio di quell’anno, ad opera di un avversario politico.

Nepal e Bhutan pure fanno parte del sub-continente dal punto di vista geografico, ma il primo era riuscito a mantenersi indipendenti dal Regno Unito, mentre sul secondo l’Inghilterra aveva stabilito soltanto soltanto un protettorato, cessato pure nel 1947.

ma, tornando all’indipendenza indiana, i giorni che precedettero il 15 agosto 1947 furono di trattative convulse tra Gandhi e Mahomedali Jinnahbhai, che poi aveva cambiato il suo nome in Mohammad Ali Jinnah, ed è considerato il padre del Pakistan.

Gandhi tentò in tutti i modi di conservare l’unità del paese, ma senza successo, pur arrivando a proporre a Jnnah di fare lui il primo ministro dell’India unificata; ma venne sconfessato dal suo stesso partito, quello del Congresso.

così Lord Mountbatten, cugino della regina Elisabetta II e zio di suo marito Filippo, che svolgeva il ruolo di viceré dell’India e sarà assassinato dall’IRA in Irlanda anni dopo, annunciò la partizione del paese in due stati, ma soltanto il giorno prima, il 14 agosto.

ne fissò unilateralmente i confini, ma lasciando diverse regioni fuori dalla partizione e d’altro lato dividendo alcuni stati, che ne facevano parte, tra zone a maggioranza induista e altre islamiche.

questo scatenò una tremenda guerra civile con massacri di massa, che fecero circa un milione di morti e dieci milioni di profughi in una serie di conflitti locali e progrom tra le due comunità, che posero le premesse di una conflittualità che non si è ancora esaurita, anzi vede continue tensioni e conflitti locali periodici.

così, ad esempio, per la questione del Kashmir, che è islamico, ma rimase in larga parte all’India, per decisione del maharaja indù dello stato, che del resto non è l’unico dell’India a forte e a volte prevalente presenza islamica: ad esempio lo stato di Hyderabad, era rimasto pure fuori dalla partizione di lord Mountbatten e solo nel 1948 entrò a fare parte dell’India, in cui era peraltro era compreso, a centro del Deccan.

il 15 agosto 1947, giorno dell’indipendenza, fu dunque anche quello del crollo del sogno gandhiano, proprio nel momento del successo.

lui stesso del resto venne assassinato da un fanatico indù pochi mesi dopo, il 30 gennaio 1948, per avere imposto all’India, con un digiuno, di pagare al Pakistan la somma concordata negli accordi di spartizione, che poi veniva trattenuta.

ma Gandhi stesso aveva detto: La morte sarebbe una gloriosa liberazione per me, piuttosto che restare un testimone impotente della distruzione dell’India, dell’induismo, del sikhismo e dell’islam.

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quanta storia, ignorata dalla nostra scuola eurocentrica e dalla parzialità della nostra cultura, forse necessaria o quanto meno inevitabile.

e chissà quanti di quelli che si preparano a festeggiare quel giorno a Tiruvannamalai la conoscevano, perfino loro.

strade della città di Tiruvannamalai, Tamil Nadu, India. 13 agosto 2005 – quando si poteva viaggiare – 417

il viaggio di tre ore da Vellore e la successiva sistemazione nell’hotel delle scimmie, con qualche ulteriore breve momento di riposo, forse, fanno sì che quando esco quel 13 agosto con la mia cinepresa per le strade di Turuvannamalai è già pomeriggio avanzato.

e il fascino del tempio della città che mi reco a visitare, e che vedremo prossimamente, è tale che nella mail a casa scritta quella sera stessa, dopo il resto già visto, ci si concentra soltanto su di lui.

per fortuna non avviene altrettanto con le riprese e qui per il momento del tempio si intravvede soltanto, in qualche momento, emergere tra le case il suo più alto gopuram, la torre d’ingresso dei templi tipica del Tamil Nadu.

quasi mi travolge anche emotivamente l’esuberante vita di strada che si svolgeva sotto i miei occhi curiosi e sotto l’obiettivo che cercava di coglierla come poteva.

ma il dirne qualcosa rimane affidato a queste note di commento di oggi, che nascono da una visione così lontana dalle emozioni di allora.

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direi allora che colgo, con uno sguardo quasi scientifico, delle precise assonanze tra queste e le immagini registrate solo meno di due mesi prima ad Addis Abba, in Etiopia, tanto che, se non fosse per il colore della pelle e i tipi fisici, si avrebbe quasi l’impressione di essere tornai lì nelle immagini di certe bottegucce rumorose e coloratissime, nell’animazione dei venditori e degli artigiani, ma soprattutto nella vera e propria baraccopoli, che si sviluppa non troppo lontano dalle strade principali.

la povertà affratella e rende simili, da un lato, ma dall’altro si coglie anche con nettezza la differenza tra quell’enorme accampamento improvvisato che ad Addis si dà il nome di città e una città vera come questa, con i suoi millenni di storia.

ma soprattutto sono evidenti le differenze culturali, per l’animazione che attraversa la gente di Tiruvannamalai, la vivacità del movimento, la socialità dell’insieme, che contrasta in modo netto con la rassegnata accettazione della sua condizione da parte della città etiope.

credo che questo possa essere ricondotto anche ai due diversi momenti della storia locale in cui si svolsero queste due visite: ad Addis a pochi giorni e quasi poche ore da una violenta repressione di piazza che aveva fatto decine di morti nelle strade e qui, invece, nell’antivigilia della festa nazionale del 15 agosto, la più importante dell’India.

voglio pensare che la particolare animazione del momento possa essere ricondotta alla festa che si avvicina; rimane il fatto che anche in altri momenti l’India mi è apparsa sempre così: travolgente di una vitalità che germoglia ancora più forte dalla miseria.