ecco un insieme di versi (che non riesco a definire poesia, nel senso vero e proprio della parola) che vedono la luce quel 3 luglio 2005, mentre mi preparo alla partenza dall’Etiopia, attraverso qualche rifacimento tormentato.
non ci sarebbe alcun motivo di pubblicarli qui adesso, dopo che sono rimasti per 17 anni nel cassetto, assieme a migliaia di altri, se, rileggendoli, non vi avessi trovato in un verso il richiamo al titolo del film che avevo immaginato allora di fare con le mie riprese di Addis Ababa e che ho costruito in realtà negli ultimi due mesi: come l’acqua che scorre.
questo mi fa quasi pensare che sia una specie di interpretazione filosofica di questo film, ma direi meglio di quei dodici giorni africani.
. . .
(d)io c’è
.
la prima legge di questo sentimento
che lega l’uomo completamente
e dunque è chiamato religione
è lo spirito di sottomissione.
.
dunque chi per cominciare afferma
che non esiste alcun dio supremo
che chieda a noi obbedienza come può
esigere la tutela assegnata all’obbedienza?
.
solo se confermo che, seguendo me stesso
e conformandomi alla mia propria natura,
da solo posso agevolare gli altri
e contribuire alla vita sociale.
.
questo fa l’ateismo religione di pochi,
senza ambizioni di proselitismo:
un modo di vita che si lascia osservare
ed accogliere solo da chi si sente fatto per lui.
.
la religione che mi lega a me stesso
soltanto, come fonte viva e vera
dell’unica esistente divinità
che vive soltanto nel cuore dell’uomo,
.
anch’essa tuttavia mi sottomette a Dio,
pur se come scritto nei muri delle strade,
“Dio c’è”, appunto nel mio cuore,
ma non si può più dire che “esiste”.
.
in chi scriveva questa frase più dolce,
facendo appello alla propria viva esperienza,
ecco riviere l’ignoto Battezzatore
che introduce a una fede che lui ancora non conosce.
.
tu crederai infatti come primo postulato
della tua fede nutrita del Tao,
della saggezza di Budda e di Jeshuu vero,
che niente esiste e tutto c’è e non c’è.
.
tutto ciò che c’è è come l’acqua che scorre:
che nell’istante stesso in cui appare
è già scomparsa, dato che la sua esistenza
è questo fluire da non vita a non vita:
.
passando attraverso il luminoso riflesso
di ciò che apparendo scomparendo risplende
piccola metafora del cosmo intero
luminosa provvisoria vibrazione del nulla.
.
dal primo postulato tu potrai derivare
se avrai voglia di una attenta analisi
la descrizione di quanti sono i modi
nei quali esprimendosi le cose non esistono.
.
il secondo postulato, incomprensibile col primo,
è che neppure il tempo, che appare la legge
di conseguenza universale del non esistere,
neppure lui, se ben lo consideri, esiste.
.
ti dico, fratello, che il tempo non esiste,
cioè non appartiene alla natura delle cose,
di quelle che sono, di quelle che non sono
e neppure di quelle che assieme sono e non sono.
.
il tempo c’è, riempie le nostre giornate,
fonda i sorrisi le lacrime e i sospiri,
eppure appartiene alla nostra coscienza
troppo embrionale per vedere tutto assieme
.
come sia in un blocco il quadro dell’esperienza
che ha bisogno di compitare quaderno per quaderno
l’oggi e il domani e il passato già morto
che solo ieri appariva così reale.
.
il terzo postulato, che è anche l’ultimo,
perché fratello non ho da dirti di più,
è che noi siamo soltanto probabili
e dunque nel mondo non può esistere legge.
.
dalle cose che scorrono tutte senza esistere
nasce la coscienza figlia del non esserci
tanto quanto dell’esserci, e dunque del tutto
priva di ogni determinata esistenza.
.
solamente, o fratello, se a questi tre enigmi
tu guardi senza tremare con cuore puro
e disposto a morire, liberando il tuo karma
del peso insopportabile dell’identità,
.
solamente ripetendo senza tremare ogni giorno
che ciò che esiste è come l’acqua che scorre,
e pure il tempo non è altro che apparenza,
mentre noi siamo soltanto il sogno di una cosa,
.
come Gorgia diceva che nulla esiste,
che se esistesse non si potrebbe conoscere
e che pure se si riuscisse a conoscerlo
non si potrebbe poi parlarne chiaramente
.
(del resto se ogni comunicazione tra esseri viventi
è una contrattazione in vista di uno scopo,
occorre poi scoprire che la natura del contratto
è ignota a ciascuno dei due contraenti,
.
dato che ciascuno ignora il significato
che l’altro attribuisce al proprio messaggio
e del resto in gran parte ignota è perfino la natura
del messaggio proprio, a chiunque lo pronuncia).
.
se dunque questa assenza di senso del linguaggio
e di conseguenza del pensiero che è una lingua interiore
non ti spaventa fino al punto di chiudere le tue labbra
o di impedire alla tua mente di conquistarsi la sua libertà,
,
se dunque il nulla non riesce a farti paura
e neppure quella vibrazione del nulla che chiamiamo vita,
se rifiuterai di consegnarti tremante
a chi con promesse di potenza divina
.
come fosse delegato di questa, senza credenziali
peraltro da mostrare, cancellerà coi riti
ottusi della ripetizione e della perdita di sé
la domanda aperta che è il tuo dio dentro di te
.
allora, fratello, potrai alla fine della giornata
dire che questo dio fragile e tremante
è il sogno della cosa che chiamiamo vita
semplice soffio della tua vita probabile
.
e al cuore oscuro di questo processo
che dal nulla ha fatto nascere la vita
e dal cosmo vivo la tua probabile coscienza
potrai affidare, fragile germoglio, il tuo (d)io.
.
3 luglio 2005
. . .
NOTA 2022. ho soltanto sostituito nel testo al nome Joshua quello di Jeshuu, che ho cominciato ad usare in seguito e corretto un paio di evidenti refusi.
è una precisa testimonianza di una fase della mia vita nella quale mi definivo un ateo cristiano.
oggi non mi riconosco più in questa definizione, ma non ho nessun motivo per rinnegarla.
. . .
il testo fu rivisto il 9 luglio:
.
(d)io c’è
I
la prima legge di questo sentimento
che lega l’uomo completamente
e dunque è chiamato religione
è lo spirito di sottomissione.
(di questa sono veri sacerdoti i preti,
che, mentendo sapendo di mentire,
danno la sacralità alle leggi umane,
facendole derivare dallo spirito di Dio
e qui si consuma nel tempo della guerra
agli occhi del pensiero clericale
la crisi del principio della democrazia
che fa le leggi figlie più semplici dell’uomo;
e tuttavia vi è un progresso innegabile
nell’umanizzazione di ogni legislazione,
dato che la rende facilmente trasformabile
nelle epoche storiche di forte trasmutazione).
dunque chi per cominciare afferma
che non esiste alcun dio supremo,
che chieda a noi obbedienza, come può garantire
la protezione sociale che nasce dalla religione?
solo se conferma che, seguendo se stesso
e conformandosi alla sua propria natura,
da solo possa agevolare gli altri
e contribuire alla vita sociale.
questo fa l’ateismo religione di pochi,
senza ambizioni di proselitismo:
un modo di vita che si lascia osservare
ed accogliere solo da chi si sente fatto per lui.
la religione che mi lega a me stesso
soltanto, come fonte viva e vera
dell’unica esistente divinità
che vive soltanto nel cuore dell’uomo,
anch’essa tuttavia mi sottomette a Dio,
pur se come scritto nei muri delle strade,
“Dio c’è”, appunto nel mio cuore,
ma non si può più dire che “esiste”.
in chi scriveva questa frase più dolce,
facendo appello alla propria viva esperienza,
ecco riviere l’ignoto Battezzatore
che introduce a una fede che lui ancora non conosce.
II
tu crederai infatti come primo postulato
della tua fede nutrita del Tao,
della saggezza di Budda e di Joshua vero,
che niente esiste e tutto c’è e non c’è.
tutto ciò che c’è è come l’acqua che scorre:
che nell’istante stesso in cui appare
è già scomparsa, dato che la sua esistenza
è questo fluire da non vita a non vita:
passando attraverso il luminoso riflesso
di ciò che apparendo scomparendo risplende
piccola metafora del cosmo intero
luminosa provvisoria vibrazione del nulla.
dal primo postulato tu potrai poi derivare
se avrai voglia di una attenta analisi
la descrizione di quanti sono i modi
nei quali esprimendosi le cose non esistono.
il secondo postulato, incomprensibile col primo,
è che neppure il tempo che appare la legge
di conseguenza universale del non esistere,
neppure lui, se ben lo consideri, esiste.
ti dico, fratello, che il tempo non esiste,
cioè non appartiene alla natura delle cose,
di quelle che sono, di quelle che non sono
e neppure di quelle che assieme sono e non sono.
il tempo c’è, riempie le nostre giornate,
fonda i sorrisi le lacrime e i sospiri,
eppure appartiene alla nostra coscienza
troppo embrionale per vedere tutto assieme
come sia in un blocco il quadro dell’esperienza
che ha bisogno di compitare quaderno per quaderno
l’oggi e il domani e il passato già morto
che solo ieri appariva così reale.
il terzo postulato, che è anche l’ultimo,
perché fratello non ho da dirti di più,
è che noi siamo soltanto probabili
e dunque nel mondo non può esistere legge.
dalle cose che scorrono tutte senza esistere
nasce la coscienza figlia del non esserci
tanto quanto dell’esserci, e dunque del tutto
priva di ogni determinata esistenza.
III
solamente, o fratello, se a questi tre enigmi
tu guardi senza tremare con cuore puro
e disposto a morire, liberando il tuo karma
del peso insopportabile dell’identità,
solamente ripetendo senza tremare ogni giorno
che ciò che esiste è come l’acqua che scorre,
e pure il tempo non è altro che apparenza,
mentre noi siamo soltanto il sogno di una cosa,
come Gorgia diceva che nulla esiste,
che se esistesse non si potrebbe conoscere
e che pure se si riuscisse a conoscerlo
non si potrebbe poi parlarne chiaramente
(del resto se ogni comunicazione tra esseri viventi
è una contrattazione in vista di uno scopo,
occorre poi scoprire che la natura del contratto
è ignota a ciascuno dei due contraenti,
dato che ciascuno ignora il significato
che l’altro attribuisce al proprio messaggio
e del resto in gran parte ignota è perfino a la natura
del messaggio proprio a chiunque lo pronuncia).
.
non ho tempo di rivedere la grafica, ma è la stessa della prima versione.