alla vigilia della partenza per l’Egitto – 29 dicembre 2004 – quando si poteva viaggiare. – 91 [bis]

nei pochi giorni di ferie attorno a Natale 2004 feci il trasloco dal monolocale di Hegelstrasse 51 al sesto piano a Stuttgart, dove ero vissuto prendendolo in affitto da gennaio, ma poi vivendoci dal 9 febbraio, a quello all’undicesimo piano, che avevo comperato all’inizio del mese: insomma, fatto tutto da me, in ascensore…

trasloco di quattro scarabattole, in tutto, come si vede, in parte portate dall’Italia (e il Ministero degli Affari Esteri mi aveva punito di non essermi avvalso di una delle imprese di trasloco romane convenzionate con loro, ma di una bresciana, non rimborsandomi l’intera spesa, come avevo diritto), in parte comperate lì in quei primi mesi.

come il misterioso ritratto vagamente surrealista che mi sembrò una rappresentazione pressoché perfetta dell’infelice matrimonio che mi lasciavo faticosamente alle spalle, sedici anni dopo la separazione e sette dopo il divorzio, ma solo dopo pochi mesi dalla conclusione in Cassazione, con una vittoria piena, della causa faticosissima che mi aveva messo in piedi la mia ex (che in quei mesi, attratta dal profumo dei soldi, aveva avuto anche la faccia tosta di tastare una eventuale riconciliazione).

anche il proprietario tedesco del primo monolocale, per parte sua mi truffò, non restituendomi la caparra, sostenendo che la ritinteggiatura del monolocale non era stata fatta bene e aggiungendoci lo sfregio dell’accusa di avere trovato in cucina dei pacchi di pasta andati a male! (giusta punizione per la mia mitizzazione dell’onestà tedesca!).

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vi è un minuto circa di riprese di quei momenti, che volli consegnare alla memoria degli anni futuri, in fondo privatissime: all’inizio dell’appartamentino che lasciavo; e le ultime, quelle notturne, del nuovo nel quale ero arrivato, subito prima di partire.

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il 27 infatti era prevista la partenza per il ritorno nello Sri Lanka, che però era rimasta sospesa per lo tsunami terribile e devastante del giorno 26.

vi era quindi stato un cambio di programma improvvisato e la decisione dell’ultimo momento di un viaggio in Egitto, oramai ridotto nella sua durata.

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a Fabia, Marta, Rocco, Sara – 29 dicembre 2004 – notizie per ritrovarmi se occorre

alla fine oggi ho fatto un biglietto, mi scocciava disperdere uno dei miei due periodi di ferie. […] l’aereo decolla alle 6 domani mattina da qui e mi porta prima a Norimberga, poi da lì dopo le 8 per Luxor nel sud dell’Egitto [ma in realtà nel centro!]; ho fatto conto che devo uscire di casa stanotte alle 3.
dovrei tornare il 10 gennaio nel pomeriggio dal Cairo, di nuovo primo approdo a Norimberga e poi qui, arrivando verso le nove di sera.
da Luxor al Cairo faccio conto di spostarmi durante la vacanza, in treno o in battello lungo il Nilo. Sono alcune centinaia di chilometri.
martedì 11 sarò di nuovo al lavoro. – non so se vi manderò mail come quest’estate, prima di tutto perché non so se in Egitto gli Internet Cafè sono così diffusi come nello Sri Lanka, e poi perché non avrò certo da trasmettere quell’incredibile entusiasmo di luglio – che guardate che fine ha fatto.
vedrò coi messaggini se funzionano, ogni tanto; comunque se non mi faccio vivo non preoccupatevi. se state in pena provate a contattarmi anche voi. […] – devo proprio preparare la sacca adesso.

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Mariella – 29 dicembre 2004 – Alla fine ho deciso di fare un break comunque e domani mattina presto parto per l’Egitto con l’unico aereo disponibile nei prossimi giorni. […] Ci risentiamo l`11, quando tornerò al lavoro […].
grazie di tutto.

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da a Simona – 29 dicembre 2004 – dove sei? – sto uscendo per partire per l’Egitto e per spedirti una lettera.

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[N.B. questo post è il rifacimento di quello pari numero del 23 febbraio dell’anno scorso; i post di allora vengono riscritti adesso, per adeguarli al ritrovamento delle riprese ed integrarli con i nuovi video.]

il mio agosto con Sara. 8-14 agosto 2004 – quando si poteva viaggiare. 87g

il video globale, di un’oretta circa, sulla settimana passata nella Germania sud-occidentale con mia figlia Sara tra l’8 e il 14 agosto 2004 ha (forse) un qualche interesse soltanto per lei e probabilmente, più che oggi, fra qualche anno, se il video riuscirà a sopravvivere alle rivoluzioni digitali del futuro.

qualcuno che non conosce la Germania o che ha voglia di guardarsela come appariva quasi venti anni fa? non credo.

in ogni caso, ecco, nell’ordine, l’indice delle riprese, già presentate separatamente in alcuni post del passato:

la modesta città sveva di Schwaebisch Gmuend (che sia sveva lo dice il suo nome stesso!), con la sua notevole cattedrale gotica ed un’altra chiesa romanica;

ma questa fu quasi soltanto una tappa sulla strada per Noerdlingen, nella Baviera nord-occidentale, una cittadina completamente circondata da una cinta quasi perfettamente rotonda di mura medievali, che sta al centro esatto del grande cratere del Ries, altrettanto rotondo, ed ha un diametro compreso tra 20 e 24 km, e fu prodotto da un grande impatto con un meteorite di circa 1,5 km di diametro, avvenuto circa 14,6 milioni di anni fa.

una seconda visita fu fatta a Wuerzburg, in quella parte nord occidentale della Baviera che prende il nome di Franconia, ed è notevole e patrimonio UNESCO sia per la fortezza medievale di Marienberg, sia per il palazzo reale affrescato dal Tiepolo;

infine la visita all’esterno dell’analogo palazzo reale di Ludwigsburg, le cui riprese sono state di recente recuperate, montate e pubblicate qui.

a Ludwigsburg con Sara. 13 agosto 2004 – quando si poteva viaggiare. 87e

gli ultimi quattro filmati dedicati alla visita al palazzo di Ludwigsburg del 13 agosto 2004, poi interrotta da un violentissimo temporale, hanno un interesse quasi esclusivamente familiare (forse; e comunque a Sara sono piaciuti).

lo stesso vale, a maggior ragione, per il riepilogativo dei quattro videoclip; ha una funzione sostanzialmente pratica, cioè di vedersi le sequenze di seguito senza doversele andare a cercare nel canale Youtube, che del resto rende queste ricerche neppure facilissime; ma la cosa servirà al massima ad una o due rivisitazioni familiari, forse.

il risultato finale però evidenzia la varietà delle esperienze di quel pomeriggio, che nel ricordo appare un poco sprecato: le mostre di architettura e scultura moderne e di bonsai, all’ingresso, e una parte almeno del grande parco all’italiana del palazzo che poi divenne reale e sede estiva della monarchia dei Wuerttemberg.

sono passati anche quasi 18 anni da allora; Sara aveva 18 anni (e ancora un adolescenziale apparecchio per la correzione dei denti… 😉 ).

il giorno dopo, come vedremo nel prossimo video, l’avrei riaccompagnata in Italia, e di lì a pochi giorni avrebbe iniziato il quinto anno delle superiori.

da allora Sara ha compiuto un percorso esistenziale di durata circa pari a quello che aveva compiuto fino a quel momento; ecco una coincidenza un po’ particolare: alla vigilia dei suoi 36 anni può voltarsi indietro e guardare ai suoi 18, assieme a suo padre che nel frattempo è di altrettanto invecchiato.

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il che spiega anche come mai si stia dedicando tanto intensamente al culto dei ricordi: comportamento tipicamente senile, che ha a che fare col bisogno di fare un bilancio della propria vita.

i giardini all’italiana dello Schloss prima del temporale. a Ludwigsburg con Sara 4. 13 agosto 2004 – quando si poteva viaggiare. 87d

la parola tedesca Schloss viene usata per indicare genericamente quello che in italiano rendiamo con castello, ma è sostanzialmente intraducibile.

il nostro castello rimanda alla parola latina castrum, che è la fortificazione militare, e castra, al plurale, sono gli accampamenti dei soldati, anche provvisori e di un esercito in marcia.

naturalmente chi usa la parola non sa che il castello del signore feudale si presenta quindi come l’erede diretto della potenza militare romana, anche se su un piano un poco ridotto, dato che castellum è un diminutivo, è il piccolo ridotto fortificato.

nella storia della parola sta racchiusa tutta la storia dei mille anni che separano la nascita dell’impero romano dalla resistenza alla barbarie del feudalesimo.

Schloss ha una storia completamente diversa e si riallaccia in tutta evidenza alla radice del verbo schliessen, chiudere (ci vorrebbe lo scharfes Es, quella speciale lettera dell’alfabeto tedesco sconosciuta al resto del mondo e di diretta derivazione gotica, ma la trascriviamo con la doppia esse).

Schloss ha una parentela dunque con Schliessel, la chiave; è dunque la chiusura, l’arroccamento ostile del signore feudale contro il resto del mondo, contadini servi della gleba compresi, dato che una rivolta è sempre possibile e proprio la Germania e in particolare il Wuerttemberg in cui siamo, fu la sede della grandiosa rivolta di contadini dell’inizio del Cinquecento, subito dopo l’avvio della Riforma protestante.

ma Schloss rimane il nome della residenza signorile, per antonomasia, ad indicare la sua separazione dal resto della società, anche quando il medioevo finisce e i signori preferiscono abitare in dimore imponenti, aperte e luminose, affacciate su giardini ridenti e fioriti, come appunto qui nello Schloss di Lusdwigsburg.

noi non riusciamo più a chiamarle castelli questi edifici che rispondono ad una logica sociale e politica oramai completamente diversa e preferiamo il nome di palazzo.

anche usando questa parola non sappiamo di ritornare linguisticamente, e non solo, pur sempre al passato romano.

Palatium è infatti la reggia imperiale dell’antica Roma, detta così semplicemente perché si trova sul colle Palatinum di Roma.

ma poi diventa una metafora, forse in origine anche un poco sarcastica, per indicare ogni edificio signorile che per la grandiosità presuntuosa si presenti come una imitazione e forse anche la caricatura della sede dell’imperatore: eccolo qua il palatium, si saranno detti gli invidiosi ostili.

e per noi italiani dunque il palazzo sarà sempre qualcosa di molto diverso dal castello, mentre per un tedesco cambia poco che il signore si arrocchi dentro mura merlate oppure nei giardini cintati e fioriti delle ultime varianti della sua abitazione signorile: il suo è sempre Schloss, è sempre blocco.

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lunga, troppo lunga premessa, per dire che con questo filmato cominciamo finalmente ad avvicinarci alla seconda reggia dei Wuerttemberg, dopo le due che si erano costruiti nel centro di Stuttgart, l’altes e il neues Schloss, il palazzo vecchio e quello nuovo, che fu poi la loro sede ultima ufficiale.

questa è quella di Ludwigsburg, appunto; la vediamo ancora dall’esterno e all’inizio da lontano, dalla straordinaria prospettiva barocca da sud che avvicina questa reggia a Versailles o a Schoenbrunn, anche se queste avevano alle spalle il grande regno di Francia o l’impero degli Asburgo, e questo soltanto la megalomania di un signorotto di provincia, che ambiva a farsi re e alla fine ci riuscì un discendente, qualche decennio dopo, schierandosi dalla parte di Napoleone…

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la grande vasca, che è quasi un laghetto artificiale, le fontane zampillanti, la vegetazione rigorosamente regolamentata, perché qui i fiori non sono più natura, ma architettura.

tutto riporta ad una perfezione che, rivista adesso, appare come l’anticipazione settecentesca dello stesso rigore razionalistico che abbiamo visto nei tre video precedenti sull’architettura e l’arte tedesca contemporanea.

eppure, chi vede il video, noterà il fremito inquieto del vento che attraversa le scene troppo nitide e le movimenta.

è il vento che trasporta e addensa nuvoloni neri nel cielo e sfociò alla fine in un violentissimo quanto improvviso diluvio che ci volse in fuga e che qui non venne ripreso.

arte moderna e bonsai. a Ludwigsburg con Sara 3. 13 agosto 2004 – quando si poteva viaggiare. 87c

insomma, non riusciamo ancora ad avvicinarci al grande palazzo settecentesco di Ludwigsburg Sara ed io quel pomeriggio del 13 agosto 2004 e continuiamo ad aggirarci vicino all’ingresso meridionale del parco, prima per l’esposizione di architettura da giardino, poi per l’esplorazione di alcuni strani labirinti compresi nella mostra, tra cui uno di specchi deformanti…

ed ora ci aggiriamo in una piccola esposizione di arte contemporanea, che ha all’esterno, bene distribuiti, anche dei bonsai.

non c’è nulla di strepitosamente bello in questa raccolta di sculture, che presenta sempre una visione del mondo levigata e raggelante: mancano le emozioni tipicamente italiane in quest’arte tedesca, eppure trasmette egualmente un sottile senso di inquietudine, che però è più che altro filosofica e nasce dal pensiero.

un dito di Sara si sofferma, quasi meditativo, su una sfera azzurra, quasi una metafora del pianeta, che rotola senza scopo mossa dalle piccole onde di una vaso ricolmo sul quale galleggia.

è come l’osservazione perplessa del nostro mondo e della nostra realtà.

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ancora una volta il video presenta qualche scarto dovuto ai difetti del programma di montaggio di Window Movie Maker, e di nuovo mi scuso per non avere l’estenuante pazienza di correggerli.

e se qualcuno dovesse trovare il commento musicale incongruo oppure banale e scipito (è la Primavera, dalle quattro stagioni di Vivaldi), sappia che riproduce semplicemente la musica che accompagnava i visitatori della mostra ed è sembrato giusto rimettercela anche nel video, giusto per restituire il clima di quei momenti con precisione quasi filologica.

La scoperta della lentezza, in un labirinto di specchi. a Ludwigsburg con Sara 2. 13 agosto 2004 – quando si poteva viaggiare. 87b

la visita del 13 luglio 2004, con mia figlia Sara, che era protagonista di quella escursione, ai giardini immensi del palazzo reale o Schloss di Ludwigsburg, all’inizio un poco noiosa, fa subito dopo un deciso salto di qualità: nella mostra di architettura da giardini, in quel momento ospitata in un angolo del parco, e in particolare nella sezione intitolata Die Entdeckung der Langsamkeit, La scoperta della lentezza, troviamo un paio di labirinti da giardino.

il primo è costruito con biglie colorate appese a formare il percorso, ma il secondo è uno strepitoso labirinto di specchi, perdipiù deformanti, dove si realizza una continua moltiplicazione dell’immagine del sé che lo attraversa, sconcertando lo spettatore e togliendogli il senso della realtà che è abituato a dare a quel che vede.

a me, che sto riprendendo, basta per ricordarmi di una celebre sequenza del film Il circo di Chaplin, che sfrutta in chiave comica la situazione consentendo a Charlot di sfuggire ad una guardia che lo ha fermato.

ovviamente a me capita di rimettermi in questo stesso stato di sospensione della concretezza del reale da un punto di vista che è invece piuttosto sentimentale ed elegiaco.

è come se vi fosse un rimpianto per la realtà solida e piena a cui credevamo in modo piuttosto infantile, perché questa esperienza ci rivela invece che il Babbo Natale del mondo sicuro e pieno non esiste e tutta la cosiddetta realtà non è altro che vaga e sfuggente immagine instabile e perturbante.

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ma non è il caso che sciupi la relativa piacevolezza di queste immagini con altre divagazioni semi-filosofiche che possono rovinare l’aspetto gradevole del breve video.

(questo ha un paio di difettucci di montaggio da attribuire alle carenze del programma Windows Moviemaker; ma la loro correzione esigerebbe un impegno nel rifacimento che non mi garba; spero possano essere perdonati.)

la mostra di architettura post-moderna dei giardini. a Ludwigsburg con Sara 1. 13 agosto 2004 – quando si poteva viaggiare. 87a

giusto un anno fa ho pubblicato una serie di post e di video sulle escursioni fatte con mia figlia Sara nella Germania meridionale nel mese di agosto 2004 (sono i nn. dal 68 all’87 della serie “quando si poteva viaggiare”, su questo blog):

dall’8 al 9 avevamo visitato Schwäbisch Gmünd, non troppo lontana da Stuttgart, Nördlingen, nel Bayern (o Baviera) occidentale, e Würzburg, nella Franconia bavarese; mancava all’appello dei video e dei post di commento la visita a Ludwigsburg, nelle immediate vicinanze di Stuttgart, quasi nella sua periferia, a 17 km dal centro, che avevamo fatto il giorno 13.

lì erano state fatte alcune riprese, come risultava dall’accurato catalogo che ne avevo steso l’anno dopo, ma non le avevo a disposizione; ora le ho recuperate e rimontate.

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ma prima qualche nota sul contesto: ero in Germania soltanto dall’inizio di febbraio, in un ambiente di lavoro spaventosamente difficile e in una situazione psicologica molto dura, anche per il divieto di rientrare in Italia nei primi sei mesi, collegato al mio incarico di tipo diplomatico, in senso lato, cioè presso il consolato italiano.

mi aiutava a reggere il legame con i figli: la visita che avevo fatto io a Marta dall’11 al 18 aprile a Londra, con l’escursione a Cambridge del 14; e i primi giorni, fino appunto al 14, c’erano stati anche Sara e la mia ex-moglie; poi Sara era venuta a trovarmi, durante le vacanze estive, in agosto, e più tardi quel mese, sarebbero venuti anche mia sorella Fabia, con suo figlio Demian, il 25 agosto, di passaggio per la Fiera del Libro di Francoforte, e mio figlio Rocco, dal 30 ottobre all’1 novembre; in mezzo c’erano anche state le visite di un paio di amici dell’Italia; insomma, posso dire di avere avuto un sostegno molto forte, che mi aiutò a vincere la tentazione di mollare tutto e di rientrare, nonostante lo stipendio decisamente favoloso.

in tutte queste occasioni e con tutti questi visitatori passavamo diverso tempo facendo gite nei dintorni: mi piaceva mostrare la Germania ai miei figli e ai mei amici; molte di queste escursioni venivano registrate con riprese; diverse di queste sono andate comunque perse, o per lo smarrimento delle cassette che li contenevano o per guasti nella conservazione informatica dei file, ed anche il recupero ben pagato di dicembre ha dovuto arrendersi di fronte a qualche difficoltà tecnica insuperabile.

comunque il breve ciclo di riprese della visita fatta con Sara al palazzo reale di Ludwigsburg è stato reso disponibile in questa occasione ed ecco un rapido lavoro di sistemazione e di montaggio che le ha messe in bella copia, per così dire.

e spero che sia piacevole almeno per lei dare uno sguardo al suo passato di diciottenne al penultimo anno del liceo.

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un’altra premessa è necessaria, invece, per inquadrare proprio questa visita,.

Ludwigsburg ospita l’imponente Schloss di 472 stanze, costruito nel Settecento, che divenne, appena abitabile, la sede ufficiale dei Wuerttemberg, appunto, la dinastia che allora si fregiava del titolo di duchi (acquistarono il titolo di re soltanto nel 1806, grazie a Napoleone, col quale si erano solidamente alleati e lo persero definitivamente nel 1918, con la trasformazione della Germania in repubblica e la fine dell’impero germanico, all’interno del quale anche questa monarchia era sopravvissuta in una posizione parzialmente autonoma dopo il 1871, come del resto era avvenuto anche per il vicino Bayern, o Baviera).

nel Settecento il ducato occupava soltanto la parte centro-orientale dell’attuale Land nel sud ovest della Garmania, che è nato dalla fusione dei tre storici, con una riforma costituzionale del 1952: oltre al Wuerttemberg, c’erano il Baden, a ovest e a nord del primo, e a sud i più piccoli due principati degli Hohenzollern, di Sigmaringen ed Hechingen, che però facevano parte della Prussia.

il palazzo di Ludwigsburg nacque nel 1704, dopo la visita a Versailles nel 1700 del duca Eberhardt Ludwig, che cercò di imitarne la grandiosità, così come aveva preso l’assolutismo di Luigi XIV di Francia a modello politico: la città stessa di quasi 100mila abitanti, sorse attorno al palazzo e prese il suo nome da lui.

come si vede, questa regione della Germania ha sempre sentito particolarmente l’influenza francese, ma in parte anche quella italiana, prima di tutto per la sua collocazione geografica; l’immigrazione italiana in Germania inizia qui già nel Settecento, con le maestranze che costruivano questo palazzo o quello di Rastatt, nel Baden, simile, ma un poco più modesto; e continuò nel Settecento con gli operai che costruivano le prime ferrovie della regione, guidati da ingegneri a volte italiani.

infatti forte fu la presenza italiana anche nella costruzione dell’edificio di Ludwigsburg: è vero che l’autore del progetto originario, avviato nel 1704-07 e già spropositato per le dimensioni dello stato, che era allora più piccolo della Lombardia di oggi, fu un architetto tedesco, ma si limitò a costruire il pianoterra, e fu subito sostituito, nel 1707, da un altro architetto tedesco, Nette, che proseguì aggiungendo le due ali in stile barocco viennese; ma dopo la morte di questo secondo protagonista del progetto, nel 1714, i prosecutori furono due italiani: il lombardo Frisoni, e poi Leopoldo Retti che progettò anche la chiesa di corte e il teatro; italiano anche il pittore Carlo Carlone, che affrescò la galleria degli Antenati, con l’Allegoria del Buon Governo del duca Ludovico Eberardo.

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mi sono dilungato un poco in questi che pure rimangono accenni alla storia del luogo, anche se la visita mia e di mia figlia del 13 agosto 2004 si limitò agli esterni e ai giardini, pure abbastanza imponenti anche loro: quello meridionale con una spettacolare veduta prospettica all’italiana e quello orientale, più mosso e vivace, ma sempre all’italiana, che congiunge questo palazzo ad un secondo Schloss, detto della Favorita, che venne costruito più tardi.

sì, perché questo era anche il luogo che il duca aveva scelto per vivere con la sua amante, lasciando la moglie a Stuttgart; e qui morì di infarto nel 1733, a 67 anni.

del resto la nostra visita fu abbreviata da un furioso temporale che ci mise in fuga sotto una pioggia torrenziale, mentre il giorno dopo rientrammo in Italia e non ci fu modo di riprenderla.

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questo primo video presenta una mostra di iper-moderna architettura dei giardini, Garden-arckitektur-ausstellung, che si teneva appunto nel parco della reggia e il cui biglietto era già compreso in quello per l’ingresso. il post è già perfino troppo lungo per dilungarsi ulteriormente: si tratta di una raccolta di piccole trovate sceniche che trovo abbastanza frigide e perfino un poco datate in senso ancora novecentesco per la loro aridità concettuale.

si aggiunga la radicale mancanza di fantasia e di senso artistico connaturata con la cultura tedesca; e questo non è un pregiudizio, perché le culture esistono e formano gli uomini; non sono una sovrastruttura secondaria, totalmente dipendente dall’economia, come insegnava il marxismo.

anzi, è l’economia, piuttosto, e il modo stesso di viverla, che dipende dalle diverse culture di riferimento.

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tutto questo per dire che il video è tutt’altro che indimenticabile e semmai si lascia vedere, oltre che per la brevità, per qualche altro spunto da riferire alla mentalità tedesca: ad esempio, il Frauen Parkplatz, che lascio a voi di scoprire che cosa sia, per chi non sa il tedesco.

magari troverà anche il modo di indignarsi anche un poco, in tempi di iper-femminismo permaloso. 😉

con Sara passeggiamo qua e là: per fortuna l’esposizione è immersa nel verde, il cielo è ancora abbastanza luminoso e l’aria limpida, anche se la mostra in se stessa è poco stimolante.