rituali hindu nel tempio di Kanaka Durga a Vijayawada. 3 giugno 2006 – 839

.

[…] l’induismo è la mia religione.

l’induismo mi fa fisicamente bene, io non so come spiegarvelo. […]

https://corpus0blog.wordpress.com/2016/06/14/479-06-su-vijayawada-vii-11-4-giugno-14-giugno-2006-bortolindie-33/

. . .

chissà se si capisce, da queste riprese e dal video, che ha cercato di dare loro una forma meno occasionale: !è talmente vero quello che scrivo qui sopra!

da anni io verso il mio 8 per mille all’Unione Induista Italiana, facendo la denuncia dei redditi.

anche perché, se non lo destino e nessuno, i soldi non finiscono allo stato, come ci si aspetterebbe che succedesse per quelli di chi si dichiara non aderente a nessuna religione costituita, ma vengono suddivisi fra le diverse religioni, in proporzione alle percentuali che hanno raccolto fra chi si è dichiarato credente in qualcuna di loro.

questo significa che in sostanza viviamo in uno stato dove ateismo e agnosticismo non vengono considerati forme religiose particolari, ma tutti i cittadini sono da considerare obbligatoriamente credenti in qualcosa di positivo.

. . .

e avevo perfino favoleggiato, in tempi passati, di offrire la mia casa come centro di raccolta per gli induisti della regione.

così, invece di comperarmi un tempietto induista in Nepal, che era annesso ad una grande casa medievale in vendita anni fa per 1.000 euro, me ne sarei forse costruito uno sulla collina di casa…

(questo per dimostrare a quali demenzialità potrebbe condurre una fantasia non tenuta rigidamente sotto controllo, come sono stato educato a fare).

. . .

ma dell’induismo mi affascinano i colori, i suoni, la lentezza dei gesti e forse soprattutto la ben visibile intensità della fede profondamente sentita, che, per via forse del carattere esotico del tutto, per me, non mi appare come una banale manifestazione di beghinaggio e superstizione di massa, ma l’espressione di una religiosità autentica.

. . .

così, ecco che, quel 3 giugno di 18 anni fa, mi aggiro con la mia videocamera tra questa gente, che si accalca, tra formule ripetute e per me incomprensibili, e gesti nuovi, come l’appoggio rapido di una campana sulla fronte, che tuttavia hanno al fondo qualcosa di familiare.

le corone dei fiori secchi e i festoni variopinti fanno da contorno ad un rito, officiato da un ragazzo vestito di bianco, particolarmente giovane, e compreso nella sua parte, che non ha l’aria di un vero e proprio sacerdote, ma quasi ancora di un novizio, alle sue prime armi di celebrante.

. . .

ma questo rito poi non è proiettato lontano dal pubblico dei fedeli, su qualche altare, che resta distinto, in fondo all’abside di una chiesa, pur se di recente rivolto verso di loro, ma è carnalmente svolto nell’affollarsi tiepido dei corpi, delle vesti, delle teste, spesso rasate e lucide.

sono questi i particolari che dicono bene la differenza profonda dell’induismo dal cristianesimo, in termini di culto, e probabilmente anche dal paganesimo occidentale.

qui si vede bene che vi è nell’induismo e nei suoi riti un calore interno che conquista.

Lascia un commento