la movida di Auckland, Rangitoto, Chaney, il raggio verde e altre considerazioni – my roundtheworld 71 -125

ieri, sabato 20 settembre, sono giunto alla meta` esatta del mio viaggio, comunque lo si voglia considerare lungo: 235 giorni di 24 ore; oppure 236 – quanti saranno i diversi giorni che calcolero`, ritornando a casa un giorno prima per me di quel che risultera` a voi  (come il personaggio di Verne o una specie di viaggiatore nel tempo), se non ci fosse tutta la moderna tecnologia a dirmi che vivro` una giornata due volte.

intanto si sappia che la solitudine sta cominciando a darmi un poco alla testa, evidentemente: infatti mi scopro a parlare da solo in certe circostanze particolarmente emotive, commentando quel che succede ad alta voce, come per farmi coraggio da me.

* * *

dopo l’incontro con Santosh sono tornato all’ostello, fermato lungo la strada da un neozelandese ubriaco dai capelli rossi chiari e men che quarantenne, direi, che, saputo che ero italiano, voleva a tutti i costi che andassi a casa sua, ma non per fare sesso, ha precisato (vi do la notizia separando nettamente i fatti dalle opinioni, che non ci sono proprio per niente).

nella camerata mi sono messo a dormire, una volta concluso di scrivere sul blog, ma la strada ribolliva della movida e il rumore arrivava fino a su; e verso le quattro mi ha addirittura svegliato, anche perche` le due ragazze provvisoriamente italiane, ma venete, tenevano la luce accesa per leggere, con grande pazienza e senza proteste degli altri.

tra parentesi, questo soggiorno neozelandese in ostello mi ha dato proprio la percezione esatta di quanto io sia stakanovista nelle mie vacanze: la maggior parte dei ventenni con cui condivido la camerata, infatti, passa la giornata visibilmente a letto collegato ad internet e cominciano ad uscire soltanto verso sera.

ma, insomma, io alle 4 di mattina mi sono alzato e sono sceso a farmi un giretto in strada tra ragazze discinte che volevano il fire per la sigaretta ed ubriachi, a vedere come buttava e dare un-occhiata a questa Auckland post-alcoolica, piuttosto che post-moderna, e sempre che le due parole non siano in realta` anche sinonime.

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la strada davanti all’ostello, che pare ne sia il principale punto di riferimento, sembrava a quell’ora il regno delle persone fatte, ma occorre dire che tutta la via principale di Auckland, in altre ore, sembra il regno degli spostati e mendicanti, barboni con cani, ragazze perdute, in rigoroso ordine statistico, si avvicendano ogni venti metri, cosi` come in Giappone i distributori automatici di bibite; insomma c’e` una netta differenza tra la movida giapponese e quella di tipo occidentale che trionfa qui.

pare che l’esposizione della putrefazione sociale sia un tratto caratteristico della nostra societa`, e dipende strettamente dai valori di assoluta liberta` che la ispirano e che viene a coincidere perfettamente con la difesa delle diseguaglianze, che prevedono anche un degrado umano senza imbarazzo, ma indifendibile, a mio parere.

* * *

e siccome sono in vena di critiche alla societa` neo-zelandese, continuo dicendo che la mattina, dopo avere prolungato di un giorno la mia permanenza qui e avere prenotato un posto letto ad Hamilton, e` passata, sotto una pioggia battente, a cercare dove cavolo si facesse il biglietto dell’autobus per la stessa citta`.

infatti, grazie alla privatizzazione dei traporti pubblici, qui realizzata nei passati decenni dell’iper-liberismo trionfante, in questo campo domina il caos: compagnie diverse gestiscono tratte diverse, ma nessuno sa dire con esattezza dove abbiano sede; solo gli autobus partono tutti da uno stesso punto, davanti al terminal dei traghetti e alla stazione ferroviaria, e questa sembra ai locali una cosa molto razionale, ma i biglietti non si possono fare in autobus.

basta, alla fine raggiungo il famoso centro di informazioni turistiche che mi veniva ripetutamente indicato come l’ufficio per cavarmela, con la sigla AC, giusto per confondermi le idee, ma che non si chiama affatto cosi`, bensi` Auckland Centre, e li` riesco a fare il biglietto, con 2 euro di pagamento supplementare al Centro stesso per l’assistenza prestata.

* * *

credo che mi si capisca se dico che non avevo altro che voglia di fuggire dalla citta` e buttarmi su un’isola deserta, cosa abbastanza facile qui, basta prendere un salato traghetto.

non prima di mezzogiorno, pero`, e il ritorno sara` alle 4 del pomeriggio, ma quattro ore bastano per traversare il golfo oggi piuttosto mosso, nella solita violenza intermittente dei colori, ad ogni affacciarsi di sole, fermarsi un momento a Devonport per alcuni imbarchi di passeggeri…

. . .

di interessante c’e` da aggiungere che e` proprio qui, sul traghetto, che incontro per la prima volta Chaney,

la ragazza vietnamita che diventera` un rapporto importante per me in questo viaggio.

ma me ne sono accorto solo montando il video.

in quel momento non lo sapevo ancora…

cavoli, e` proprio lei, mi sono detto quando l’ho vista.

ed eccola che alza lo sguardo casualmente verso di me, nella ripresa,

e chissa` se rappresento gia` qualcosa per lei;

aveva una smorfia triste sul viso, ma nel guardarmi il viso le si distende…

e diventa bella, nella sua giovinezza.

. . .

ad ogni buon conto, ecco Chaney anche nella foto del post.

ma sono un poco maligno e non vi dico ancora chi e`.

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… e poi sbarcare sulle coste laviche di Rangitoto Island, per affrontare la salita al vulcano spento, di cui ho gia` parlato varie volte, vedendolo da lontano.

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. . .

questo video e` semplicemente la prosecuzione diretta del precedente, col quale condivide anche la musica.

ne condivide immagini e temi.

ed e` stato separato dal primo soltanto per motivi di lunghezza.

6 minuti di video per una traversata di un’ora sarebbero stati troppi per uno spettatore medio.

la soluzione inventata e` quella di spezzare il viaggio in due videoclip solo un poco piu` brevi ciascuno.

ma potrebbe essere puerile:

potrebbero essere troppi perfino questi due… 🙂

. . .

chi invece si lascera` oppure si e` gia` lasciato prendere dal fascino della navigazione in quel mare primaverile di perla ritrovera`, oramai familiare e a portata di mano, il vulcano gia` visto da lontano nei video precedenti,

da Devonport,

o da Bastion Point,

e nel video del Museo di Auckland sullo tsunami prossimo venturo, previsto su Auckland alla sua prossima eruzione.

. . .

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la prima volta mi perdo, sbagliando la strada di poco, prendo una imboccatura 10 metri prima di quella giusta, ma poco male, anzi, ecco un breve giro sulle scogliere laviche nere davvero suggestive e poi mi rimetto sulla strada giusta.

ci sarebbe anche una specie di trenino turistico a motore che per il modico prezzo di 50 euro ti toglie la gioia della sgambata di un’ora in una vegetazione straordinaria, che, secondo la guida e` nientemeno che la piu` grande foresta di potukawa (?) del mondo.

se non ci fossero i visitatori, l’isola sarebbe completamente deserta, non c’e` una casa, non una struttura abitata: solo un macho carico come un mulo di uno zaino gigante riesce a farci capire sul traghetto, trafficando ovunque con le sue scarabattole, di averci passato la notte in tenda. 

in realta`, come si vede dal video, invece, c’e` proprio un’unica casa, ma totalmente abbandonata e disabitata.

questa immagine un poco sbiadita dal videoclip mostra in primo piano le pendici del vulcano guardandoverso ovest,

poi la penisola di Davenport,

e dietro Davenport Auckland.

* * *

e tornare indietro, ovviamente.

da un gruppo di ragazzi dal viso orientale a cui chiedo l’ora perche` il mio cellulare si e` spento, si distingue Chaney, una ragazza di Saigon, che studia economia qui e dal prossimo mese a Los Angeles.

e` la mia seconda amica vietnamita di questo viaggio e siccome sta per partire per Los Angeles, dove io andro`, insciallah, a settembre, ci diamo un improbabile appuntamento li`.

intanto, mentre torniamo sul traghetto che salta sulle onde, in un vento gelido, ricompare quella specie di arcobaleno dimezzato gia` apparso due giorni fa e sul quale oggi ho le idee molto piu` chiare.

the rainbow, grida Chaney ai suoi amici.

no, Chaney, faccio io: quello non e` l’arcobaleno, quello e` il raggio verde.

* * *

seguono, nel post originale, alcune autentiche sciocchezze mie sul raggio verde, totalmente da dimenticare.

vedi, Chaney, vedete, lettori: il nostro arcobaleno compie un arco completo e arriva alla linea dell’orizzonte con una curva che lo vede quasi verticale nel punto di incontro; questo, che invece sembra solo uno spezzone di arcobaleno, perche` ne ha gli stessi colori, scende invece chiaramente obliquo e rettilineo e forma un angolo con l’orizzonte forse di 30 o 40 gradi.

e siccome fra tutti i colori il verde predomina, ricordatevi di Truffaut, se volete, ma questo e` il raggio verde, che io ho visto soltanto qui, sinora, dal vivo.

. . .

avevo una tale voglia di vedere il raggio verde che mi sono sognato di averlo visto due volte in Nuova Zelanda, mentre invece era soltanto un arcobaleno parziale.

le foto dell’escursione, e di conseguenza anche il video montato ierisera, appaiono drammaticamente al di sotto di questa descrizione e anche della magia del ricordo.

la salita al vulcano, non altissimo, peraltro, ma col suo fascino solitario, e` andata del tutto persa in queste immagini.

e perfino Chaney, rivista oggettivamente nelle immagini che la riguardano, appare molto meno carina.

. . .

commenti:

Patrizia Caffiero 21 settembre 2014 alle 8:59
Mauro, finalmente un po’ di concentrazione per leggerti. Ma questi resoconti sono straordinari. La caotica città e la fuga nell’isolamento, le rendi perfettamente. Mi batteva il cuore a leggerti. Viaggiatore-giornalista (giornalista legato al Journal…)
Un pensiero da qui, dove sai che pratico viaggi interiori senza tregua 😉

bortocal 22 settembre 2014 alle 2:37
forse sei troppo buona, patrizia: non mi pare che abbiano molto successo.
(a proposito: non ci sara` nessun Bonolis a leggerli, se sai a cosa mi riferisco).
comunque li scrivo perche` mi fanno compagnia e mi danno l’impressione di non viaggiare del tutto solo, visto che alcune menti preziose li leggono.
inoltre sono salutari, dato che mi costringono a riposare ogni tanto.
i resoconti dei tuoi viaggi interiori scarseggiano, ultimamente, ma come sai bene, li trovavo non meno entusiasmanti.

. . .

tramedipensieri 20 settembre 2014 alle 23:14
Volevo dirti che la mia mappa su wp… ti sta localizzando in ogni dove. Infatti in questo momento ho un lettore (chisachisarà) che si trova in nuova zelanda  😀 e questo perché hai messo un mi piace oggi sul mio blog.

bortocal 22 settembre 2014 alle 2:33
ah ah, bellissimo.
ho tentato invano di risolvere tempo fa il mistero di 45 contatti dal Canada nella stessa giornata, segnalati alla stessa maniera… 🙂
continuero` con i miei misurati mi piace (leggo pochissimo i blog in questo periodo, per ovvi motivi)

tramedipensieri 22 settembre 2014 alle 7:13
Non è stato mai un problema, lo sai….vai tranquillo 🙂

bortocal 22 settembre 2014 alle 8:56
🙂
eccome, con te mi sento sempre tranquillo…

. . .

e vi ho integrato,  con diversi adattamenti, questi altri post, inseriti nel testo in caratteri normali:

sul traghetto, da Auckland verso l’isola di Rangitoto – VIDEOCLIP N. 422

arrivo a Rangitoto sul traghetto da Auckland – VIDEOCLIP N. 423

l’isola di Rangitoto e ritorno ad Auckland – VIDEOCLIP N. 424

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