capisco di abusare della pazienza dei lettori, e perfino della mia, ma questi video da bus, chiamiamoli così, sono ben lontani dal concludersi.
questo in particolare riassume in due minuti un viaggio che è durato due ore e ha richiesto a sua volta circa due ore di lavoro video per essere riprodotto in maniera solo vagamente fruibile.
vi si alternano le immagini delle periferie cinesi con quelle della campagna e delle risaie, che, almeno se viste dall’autostrada, sembrano costituire oramai un mix indecifrabile e non particolarmente attraente (eufemismo: leggete pure abbastanza ripugnante, se preferite).
questo primo assaggio di Cina è un viaggio nell’ipermodernità che certamente non soddisfa le nostre fantasie di esploratori del mondo, visto che ce lo ripropone come una specie di immensa padania senza senso e senza fisionomia propria salvo che in qualche dettaglio.
* * *
verso la fine del breve video compare il profilo di Guangzhou, con i suoi grattacieli che si stagliano su cielo degno di Turner, che già vagamente inclina al crepuscolo.
ma ecco quel che scrivevo in situazione l’anno scorso:
Il mio per Guangzhou sarebbe dunque un interesse prevalentemente culturale, considerando che fu questa, poi detta Canton dai portoghesi, la principale città di riferimento di Marco Polo (?) – così pensavo io, ma ora che controllo verifico che è vero anzi il contrario: non la nomina mai -, che da qui comunque passavano i principali commerci con l’Europa nei secoli passati, che qui arrivarono i gesuiti, ed è da Canton, la terza città della Cina per grandezza, che è partita la rivoluzione cinese.
e mi sembra impossibile che di tanto passato non sia rimasta quasi traccia interessante.
Sto quindi quasi orientandomi per il sì, quando la città comincia ad emergere dalle mia fantasie indistinte e ad assumere l’aspetto di una sfilata mostruosa di costruzioni: un impatto duro, brutale, con la realtà.
Qualcosa che fa impallidire Hong Kong e in fondo la raffinata eleganza perseguita nelle sue costruzioni, che pure violentavano l’ambiente in modo incredibile.
Qui la città è grande il doppio: è una piovra mostruosa che si estende per decine di km, dove le costruzioni non pare abbiano mai fine e, dove accennano a farlo, sono sostituite da gru e cantieri a perdita d’occhio.
Il tutto ha qualcosa di visivamente brutale, di indifferente alla realtà; si capisce che non è direttamente la speculazione a guidare questi architetti, quanto la voglia di strafare, di battere ogni forma di modernità possibile.
E a questo punto avviene qualcosa che non posso che definire para-normale; una specie di oscura percezione si impadronisce di me e spande un’ansia selvaggia in tutte le mie vene.
È come se un urlo di sofferenza inaudita si sollevasse da queste sagome alte decine di piani, è come se tutto il dolore che è costato costruirle in termini di fatica umana ritornasse concentrato attorno ad una domanda indistinta, che provo a razionalizzare, ma è semplicemente “che cosa succederà di tutto questo?”
Che cosa succederà di te Canton, che sei “acqua e luce”, Guangzhou (廣州, 广州) – se non sbaglio a tradurre zhou, che ricordo volesse dire acqua -, quando la follia che ti ha costruito si troverà improvvisamente di fronte ai limiti oggettivi delle possibilità: che cosa sarà dei milioni di persone che oggi ti abitano, mangiano, vivono, lavorano, sospese ad un equilibrio che ha già dell’impossibile e non se ne rendono conto?
Ma sto razionalizzando in qualche modo: l’unica verità da dire è che improvvisamente percepisco Canton come città di pena, assurda, delirante, sovrastata da qualche catastrofe, e decido di fuggirne appena possibile.
GUANGZHOU (CANTON) PARANORMALE E GUILIN DI CONSEGUENZA – MY ROUNDTHEWORLD N. 25 – 496.
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Che tristezza, Bort.
gb
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purtroppo.
ma non ritengo di nascondere questi sentimenti negativi, queste angosce e neppure i lati un poco oscuri o deprimenti del mio viaggio.
luci ed ombre, come la vita intera.
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S’, Bort, condivido questo tuo non voler nascondere i lati più “deprimenti” del tuo viaggio.
Luci e ombre, esatto.
Un sorriso luminoso per te
gb
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ecco dove non ci sono ombre, invece… 🙂
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